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6 Marzo 2023

La Direttiva Europea “Case Green”

È recente la notizia secondo la quale l’Unione Europea sta studiando un piano per l’efficientamento energetico degli edifici residenziali, prevedendo il passaggio alla classe energetica E entro il 2030. La maggior parte del patrimonio edilizio italiano, sia residenziale e sia pubblico, è, nella maggior parte dei casi, abbastanza antiquato da poter asserire di essere inefficiente.

Spesso è come se ci si trovasse di fronte ad una macchina con il motore stratosferico, ma con un telaio bucato e graffiato. La metafora sta a significare che, per una serie di motivi tra cui possibilità e volontà della committenza o inesperienza del tecnico, si propongono interventi di sostituzione o efficientamento del solo impianto quando, nella maggior parte dei casi, è bene prima curare l’involucro edilizio, e poi curare l’aspetto impiantistico.

In questo periodo storico si è avuta una grandissima occasione: il Superbonus 110% e tutti i successivi Bonus di detrazione fiscale. Al di là di tutte le polemiche che si potrebbero fare a riguardo, tra truffe, prevaricazioni e frasi del tipo “fatta la legge, trovato l’inganno”, si parla di una manovra che ha permesso un risparmio di circa 900 milioni di mcs (metri cubi standard) di gas nel solo 2022.

È attuabile? È pura fantascienza?

Quanto tempo occorrerebbe per adeguare gli edifici a quanto richiesto? Facciamo un attimo di chiarezza sulle classi energetiche. La scala procede dal basso (peggiore) verso l’alto (migliore) seguendo le lettere G, F, E, D, C, B, A1, A2, A3, A4. Principalmente, a meno di alcuni casi, si è nella classifica bassa in virtù della considerazione per cui il patrimonio edilizio italiano non è appartenente all’immediato passato e alla più recente tecnologia impiantistica.

Sebbene, con i giusti interventi, non sia estremamente difficile saltare di classe energetica, quello che concretamente è necessario riguarda due problematiche: la mentalità dell’efficienza in quanto ovviamente correlata ad una considerazione di tipo prettamente economico e procedurale/burocratico. È possibile dunque asserire che nella situazione italiana del quotidiano, i tempi di adeguamento potranno dilatarsi e non ammettere quelli più stringenti che l’Unione intende adottare.

Innanzitutto, per avere un quadro sinottico della situazione italiana sarebbe necessario disporre di un catasto energetico aggiornato e significativo in ogni Regione. La Puglia, ad esempio, dispone di un apposito portale di deposito degli Attestati di Prestazione Energetica (APE) anche abbastanza corposo, ma c’è qualcosa da dire in merito in Puglia come in altre Regioni: sebbene l’APE sia un atto pubblico, accade che per situazioni puramente formali si producano documenti non dotati del rigore che dovrebbero avere, o ancora che per mancanza di informazioni specifiche si vadano a simulare (anche male) determinate entità, e tutto ciò inevitabilmente inficia il calcolo, spesso neanche di poco. 
La situazione quindi, è sgangherata, ma non irrecuperabile.


Ce la possiamo fare?

Arrivati a questo punto, non si può pensare al solo intervento del Governo con l’introduzione di Bonus su Bonus, e né tantomeno la situazione può risolversi solo in una mediazione politica con l’Unione. Questo perché in questo caso gli aspetti tecnici trattati in precedenza decideranno l’efficacia e i tempi attuativi di ciò che verrà programmato.

Angelo Domenico Perrini, Presidente del CNI afferma:
“Vanno ridiscussi i tempi di attuazione della Direttiva UE per l’efficientamento energetico degli edifici ma non possiamo limitarci ad indicare solo dei “paletti” in sede UE. Il Paese proponga in sede europea un piano circostanziato sulle modalità, sui costi effettivi da sostenere, sul numero esatto di edifici da risanare, sugli edifici che richiedono interventi più urgenti. Proponiamo una rilevazione estensiva APE per quantificare con esattezza il grado di dispersione termica degli edifici ed identificare aree più critiche e meno critiche. Trasformiamo sin da ora questo vincolo, ormai ineludibile, in una opportunità. Risanare il patrimonio edilizio, se fatto con criterio e con competenza, genera valore per il sistema-Paese. Il Centro Studi CNI stima che gli investimenti in Super Ecobonus 110%, pari a 46,2 miliardi di euro spesi nel 2022, abbiano contribuito alla formazione dell’1,4% del Pil dello scorso anno. La sola produzione diretta attivata dal Super Ecobonus 110% nel 2022 si stima pesi per almeno il 3,4% del PIL. Tutto questo è accaduto nonostante norme confuse e contraddittorie. Mostriamo in sede UE di avere un piano chiaro di risanamento del patrimonio edilizio alternativo ad un provvedimento che oggi percepiamo come imposto”.

Altresì, Giuseppe Maria Margiotta, Consigliere CNI e Presidente del Centro Studi CNI, afferma: “Un piano di risanamento energetico degli edifici
, specie se estremamente impegnativo come quello che si sta profilando in sede UE, deve basarsi su dati analitici approfonditi e affidabili. Ciò di cui oggi disponiamo relativamente alle condizioni del patrimonio edilizio sono dati interessanti ma definiscono un quadro per molti aspetti approssimativo. Non è più tempo di approssimazioni. Chiediamo che l’interlocuzione con l’UE si basi definendo con chiarezza il quadro operativo di intervento per poter realisticamente quantificare i tempi ed i costi di tale operazione e questo non è un lavoro che, a nostro avviso, può essere svolto solo dal Governo e dagli uffici tecnici dei Ministeri competenti per materia, ma deve coinvolgere i professionisti dell’area tecnica che meglio conoscono le complessità dei territori e dei cantieri.”

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